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5 Motivi Per (NON) Andare al 5° Compleanno Del Club 33 Giri

Lista semi-seria sul perché il 17 Febbraio tu debba rimanere a casa

Alert: chi non legge questo articolo con ironia o è un ladro o è una spia

Il Club 33 Giri compie 5 anni; se fosse un bambino vero ora saprebbe già scrivere il proprio nome e cognome, giocare a calcio, andare in bici senza rotelle, nuotare con la tavoletta senza braccioli. Per fortuna sua, ovviamente, non è un criaturiello reale. Ma i cinque anni ci sono: a volte si fanno sentire in tutta la loro stanchezza, a volte con lo stesso entusiasmo di sempre ma ci siamo; il Club è ancora in piedi, e saremmo ipocriti se vi dicessimo che non ne siamo emozionati e felici quando ci pensiamo.

Come tutti i migliori compleanni, la festa c’è. Ora, però, se parteciparvi, brindare, ascoltare, sorridere, dipende da voi. Intanto, per una volta, vogliamo andare controtendenza e scrivere per quali motivi essere al Club potrebbe tangervi. Irrimediabilmente e per sempre (fuggite, sciocchi!).

#1. È Venerdì 17

No, noi non siamo assolutamente superstiziosi. Però, dobbiamo ammettere che nessuno dei membri più assidui del Club sia il Gastone Fortunello della situazione. Forse è il triste destino di chi dedica il proprio tempo libero alle Arti, forse dovevamo sentire i consigli di zia Carmela ed iscriverci ad Ingegneria (tra i membri del Collettivo non c’è nessun ingegnere… coincidenze? Non credo), ma è un dato di fatto che, con tre traslochi, due blackout, altrettanti allagamenti, svariati problemi dell’ultimo minuto il giorno prima del Festival, siamo stati messi a dura prova dalla sfiga che, come diceva il buon Freak Antonici vede benissimo.

Per chi non lo ricordasse, la nostra associazione ha aperto i battenti esattamente un venerdì 17 (temerari), e il fatto che quest’anno coincida con l’evento (solitamente festeggiato il primo sabato dopo il 17) ci fa pensare che potrebbe, davvero, essere una grande festa. Speriamo senza morti e feriti.

 

#2. L’accoppiata Bacco + Musica dal vivo non fa bene al cuore (soprattutto al tuo)

Se il nostro bancone potesse parlare lo direbbe lui, in prima persona: “non venire al Club perché potresti innamorarti di qualcuno che lo frequenta, e l’ammore è sofferenza, quindi soffriresti, e nemmeno in silenzio”. 

Come tutti i luoghi che aggregano persone più o meno coetanee, si incontrano spesso facce nuove. Studi scientifici dimostrano che al Club si acchiappa, stateci. Non è pubblicità ingannevole e, ovviamente, non è lo stesso per tutti, ma anni di presenza dietro al bancone mi hanno fatto assistere a tantissimi primi baci, scambi di contatti fb, sigarette fumate fuori anche se fa un freddo cane e il gradino ti sta uccidendo il sedere. Complice il bancone, tutto ciò che questo dispensa e l’atmosfera davvero magica che si crea durante certi live.

Ad ogni modo, l’eventualità che possa incontrare qualcuno di interessante con cui scambiare qualche parola, in maniera disinteressata o meno, è molto alta. Indi per cui, il mondo è già abbastanza pieno di afflitti per ammore, non c’è bisogno di aumentarne il numero, forse non dovresti venire se non sei accoppiato. O forse potresti venire lo stesso e non proferire parola, siamo abituati a tutti i tipi di stranezze.

                                                                       

 

#3. Non abbiamo il wi-fi e non prende bene (quasi) nessun gestore telefonico

In sede si torna al 1997: quando l’analogia era l’unica via, quando le persone nella stessa stanza erano costrette a parlarsi, invece che puntare gli occhi in basso, verso il display del cellulare. Il caso curioso è che non solo in questa sede, che è al di sotto del livello stradale, ma anche in quella precedente non c’era campo per nessuno. Se prestate attenzione, durante le serate potrete vedere ragazzi in pellegrinaggio verso la porta del Club: da lì la leggenda vuole che si ritorni alla connettività.

Personalmente, il fatto di non essere reperibile mi piace: a volte, nelle serate belle, dimentichi persino di avere un cellulare (cosa rara di questi tempi). Dimentichi persino il cellulare, sotto il ripiano del bancone, non hai le chiavi per tornare a recuperarlo e devi aspettare l’indomani (true story). Così impari a dire che ti piace l’analogia.

 

#4. Non conosci chi suona

Siamo una piccola associazione di provincia, per fortuna o purtroppo. Non possiamo nè vogliamo competere con i grandi circoli dei capoluoghi, ma abbiamo la pretesa di offrire musica di qualità. Sicuramente non possiamo chiamare i Ministri o gli Afterhours né lo vogliamo davvero, ma chiunque passi a suonare da noi è il frutto di una ricerca, di un confronto in riunione, di un dispendio di energie per dare la possibilità a tutti di ascoltare qualcosa di diverso, inedito, lontano dai grandi circuiti ma non per questo meno emozionante. In questi tempi di crisi, che hanno visto cambiare il processo di inserimento nel mondo del lavoro, c’è stata la possibilità di concentrarsi maggiormente sulle proprie passioni; facilitati da quello strumento diabolico che è l’internet: mai come di questi tempi abbiamo visto proliferare cantautori e gruppi musicali che coraggiosamente, reggendosi in piedi grazie all’ autoproduzione, contribuiscono al panorama musicale. Tra questi c’è anche Claudio Gnut, un vecchio amico a cui vogliamo davvero molto bene, e non sarà solo. Andare ad un live senza conoscere chi e cosa verrà suonato potrebbe essere una sorpresa, nel bene e nel male. Vale la pena fidarsi, ogni tanto, a scatola chiusa.

 

#5. Il Club non è più lo stesso degli inizi

Questa frase ogni tanto ritorna. A dircela, spesso, sono proprio quelle stesse persone che cinque anni fa lo frequentavano più assiduamente e, magari dopo un periodo fuori, tornano a Santa Maria e ripassano in sede. Non può che essere vera, ma non nell’accezione malinconica con cui viene formulata. È una realtà: il Club è cambiato, si è evoluto, ha preso una forma diversa rimanendo sempre quello per cui è nato. Anche le persone che lo vivono sono cambiate; alcuni, per i motivi più svariati, non ci sono più, altri hanno cercato, in parallelo alle proprie vite, a continuare a dare il proprio contributo. Ognuno di noi, se rivedesse il se stesso di cinque anni fa, si troverebbe diverso. Ma il Club è sempre fatto da persone che portano un proprio punto di vista e anche soltanto per questo lo arricchiscono. Spesso si dice che la vita vera di un’associazione si percepisca non durante un evento ma prima: alle riunioni del mercoledì sera aperte a tutti, soci e curiosi; nelle sere stanche con la testa pesante a far conti, a cercare di capire come realizzare qualcosa con un budget davvero risicato; nell’organizzazione per le pulizie, i turni dietro il bancone, dietro il banchetto delle iscrizioni; nella fatica del montare e dello smontare la strumentazione, anche se è tardi e vorresti andare solo a dormire. The dark side of  un’associazione è l’insieme di responsabilità che rendono la “macchina” funzionante. Anche buttare il vetro è importante, per dirne una. Per tutto il resto, il Club è lì (almeno per il momento), aperto a chiunque voglia dargli una mano, anche solo nel portare un sacco di spazzatura su.

Perché anche questo è il bello: sapere che se un giorno io mi trasferirò in Sicilia, per dirne una, ci sarà comunque qualcuno che ricorderà quanto sia importante fare un applauso motivatore prima della riunione. Al di là dei personalismi c’è un insieme di persone. E il Club 33 Giri è fatto di queste.

 

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